A lungo considerate dagli studiosi un oggetto misterioso che non si sapeva in quale modo trattare, le opere mnemotecniche di Bruno si sono rivelate il centro e il motore occulto di tutta la sua opera. Ma il loro carattere cifrato non cessa di stupire. Gli equivoci insorgono subito, già dalla definizione della disciplina. Nata come tecnica utilissima agli oratori per esercitare la memoria, la mnemotecnica è diventata nel corso dei secoli, e in particolare nel periodo fra Raimondo Lullo e Bruno che ne segna il culmine, un nuovo regime delle immagini – intese come fantasmi mentali – e perciò anche una sorta di pratica teurgica, collegata a quella primordiale sapienza egizia che fu lo stendardo dell’ermetismo rinascimentale. Già nel De umbris idearum e nel Cantus Circaeus, che compongono questo primo volume e saranno seguiti dal Sigillus sigillorum e dal De compositione imaginum, Bruno mostra una prodigiosa inventiva nell’escogitare tecniche appropriate alla sua teoria.
La presente edizione è la prima in Italia, dopo quella avviata negli ultimi decenni dell’Ottocento da Fiorentino, a offrire, accanto al testo critico (corredato di apparato filologico, delle fonti e dei loci paralleli), la traduzione e il commento storico-filosofico di questi due scritti dedicati all’ars memoriae, certo fra i meno conosciuti – ma anche fra i più importanti – di un pensatore a lungo equivocato e misconosciuto, che spicca tra le figure essenziali del Rinascimento europeo. |