Non sapremo forse mai il vero motivo del gesto di Giuda. Forse intendeva affrettare il processo di liberazione, ponendo il Rabbì di Nazareth in aperto dissidio col potere. O forse per lui le parole di Gesù erano inattuabili per l'oscuro uomo di Kariot. Resta certo, nella Scrittura, il suo drammatico pentimento, sottolineato dal gesto di disprezzo del denaro e del tempio, come permane, fredda e incurante, la reazione dei sinedriti che non recuperano, come era loro proprio, un uomo avvolto dalla notte profonda del dubbio, tentato da se stesso e da Satana, fasciato dal suo modo di vedere e sentire il Dio che gli sedeva accanto.Nei racconti di Marco e Matteo, Giuda è il simbolo del male. Ma né Matteo, né Marco, né Luca erano lì in quei giorni. Forse veramente l'uomo di Kariot non voleva tradire e vendere il suo Maestro. Pochi versi racchiudono un dramma e un enigma. Se non si può dire che era indispensabile il suo tradimento nell'economia della Croce, non si può neanche negargli quello che gli è proprio, la forza di quel dolore disperato, tanto diverso da quello del suo Gesù, anch'egli abbandonato sulla Croce da Dio, eppure salvifico.Il campo di sangue, fuori delle mura di Gerusalemme, rimase l'unico spettatore della disperata lotta di un uomo contro lo sconforto immane di essere parte del complotto contro il Cristo. Lì, a sud-est, nella valle della Geenna, dove gli ebrei trovavano argilla e, vicino, l'acqua della fontana di Roghel, per la fabbricazione dei vasi, abita la verità della sua morte e, con essa, il senso della vita di Giuda. In quel campo, per strana ironia o esecranda memoria, nessuno ha mai voluto costruire nulla. |