Un bambino è giià un uomo. Il suo corpo è in crescita, la sua anima è carica di tutta l'energia da trasformare in materia per la sua futura crescita fisica, il suo spirito è giià in lui. Il bambino non lo sa, ma è il suo spirito che lo rende partecipe dell'unità e della conoscenza universale, che lo rende simile a Dio. Un istante prima della nascita l'angelo gli spegne con un soffio la fiammella e il bambino dimentica tutto: tutta la sua vita dovrà essere dedicata allo studio della Torah , a cercare di ricordarsi quello che aveva giià imparato. Gli viene spenta la fiammella che portava sulla testa nel ventre della madre e questa viene sostituita dalla luce del mondo esterno. Nei meandri oscuri del ventre materno aveva una luce interna, questa si spegne e al suo posto viene la luce del sole, che abbaglia invece di illuminare. Per questo, continua la leggenda ebraica, il neonato piange al momento della nascita, poiché ha dimenticato tutto e dovrà dedicare tutta la sua vita a cercare di ricollegarsi faticosamente al sapere perduto. Il neonato piange poiché non sa più o, per meglio dire, non ricorda più ciò che già sapeva. Le maggiori tradizioni culturali e sociali costituiscono il patrimonio ed il fondamento della Tradizione Esoterica occidentale, il processo per pervenire alla Conoscenza è eminentemente un processo di ricollegamento a ciò che è già in noi, ossia alla Sapienza che ci proviene da Dio e che abbiamo rimosso. Si tratta, quindi, di una sapienza imparata, ma imparata non da un magico fiat filosofico o trascendentale o, ancora peggio, attraverso una catena dialettica di razionalizzazioni, bensì dalla ripresa di conoscenza di se stessi, attraverso il ricollegarsi a quello che si sapeva già, ma che era andato perduto. |