E.J. Harrison giunse in Giappone nel 1897, giovane giornalista in un ufficio di corrispondenza che gli lasciava un sacco di tempo libero e grande appassionato di pugilato e di catch, che aveva imparato in una città mineraria del West.
Il suo entusiasmo, la sua apertura mentale, coniugati con un'innata probità e curiosità intellettuale, si incontrarono felicemente con quel particolare periodo di transizione che il Giappone stava attraversando, in cui la corsa verso la modernizzazione e l'occidentalizzazione a tappe forzate conviveva, e confliggeva, con una vita strutturata sulle proprie forme tradizionali, ancora intatte nella maggior parte, per quanto ferite gravemente dalle riforme della «restaurazione Meiji».
In queste pagine rivive così un ambiente sociale, ma soprattutto spirituale, che gli eventi storici - leggasi la Seconda guerra mondiale, lo choc di Hiroshima e l'occupazione americana, hanno cancellato. Il teatro, le arti, le usanze giapponesi di allora sono rievocati con la vivacità di chi si è immerso completamente nella vita del suo tempo, senza presunzioni da erudito. Harrison ebbe l'incredibile chance di incominciare la pratica del judo in dójó tradizionali, mescolato agli altri praticanti giapponesi e trattato come uno di loro, nei primi tempi davanti a un pubblico popolare che non lesinava il suo «tifo» e che apprezzava il «gioco duro». Praticò nel dojò della polizia di Yokohama con cinture nere di altissimo livello, e poi al Ko-dokan, dove ebbe la fortuna di conoscere personalmente Jigoro Kano e di diventare amico e allievo dell'alierà direttore Sakuji-ro Yokoyama, per consenso unanime il più grande esperto dell'epoca dopo il Fondatore.
Ma Harrison, curioso com'era di esplorare tutti i presupposti più reconditi e la teoria del bujtitsu, ebbe l'opportunità di conoscere altri grandi Maestri, che gli trasmisero conoscenze, segreti, storie, che egli raccoglie in questo libro, che è perciò una fonte preziosa di informazioni di prima mano. Per esempio nei capitoli sugli aspetti esoterici del bujutsu, in cui Harrison riferisce una conferenza dell'anziano Maestro di judo Nobuyuki Kunishigc sulla natura del vero judo, dalla quale emerge la differenza, inedita per noi occidentali, tra taijutsu e aikijutsu (quest'ultimo integra strutturalmente la pratica della terapeutica esoterica mediante il kiai). Oppure in quelli su «kiat» e «aiki», sul «kuji-no-ìn» la concatenazione di mudrà protettive degli adepti della scuola di spada Kato Shinto Ryu. E in quelli sulla pratica necessaria per conseguire la realizzazione spirituale del Sennin. Sullo Zen. Sull'arte del ninsò, o fisiognomica esoterica. Un libro davvero raro, in tutti i sensi, non solo perché, benché citato da tutti gli esperti del settore, è introvabile anche in lingua originale, ma perché offre un mix armonico di informazioni di prim'ordine e di lettura piacevole e sempre interessante. |
EJ. Harrison - nacque in Inghilterra, a Manchester nel 1873. Giunto in Giappone giovanissimo, iniziò a praticare ju jitsu per poi passare in breve tempo ad allenarsi nel judo presso il centro Kodokan di Tokio, ddjó nel quale insegnava il fondatore dello stile, Jigoro Kano. Diventato giornalista, durante la prima Guerra mondiale ritornò in Occidente, a San Pietroburgo, dove studiò lotta greco-romana. Diventato viceconsole dell'Inghilterra in Lituania, ritornò poi nella nativa Inghilterra dove rivestì un ruolo di rilevante importanza per le sorti della diffusione del judo. Le sue doti e qualità umane erano fondamentalmente rappresentate dal fatto che egli era un ottimo giornalista e scrittore di testi di divulgazione, un grado elevato di judo appreso appunto sotto la direzione stessa del Fondatore, grande conoscitore di lingue (ne parlava correntemente sette, molte delle quali dell'Asia), un umanista e un gentiluomo. Praticò tutta la vita gli insegnamenti spartani ricevuti in Giappone anche in tarda età. Morì nel 1961 all'età di 88 anni |