Due questioni restano aperte nella tragica storia dei templari. La prima riguarda l’attendibilità delle accuse che furono loro mosse, di eresia e di altre gravi colpe, accuse anche facilitate dal mistero che accompagnava l’adesione all’Ordine, la seconda attiene invece alla reale convinzione del re e del pontefice che quelle accuse fossero fondate. Della incertezza di giudizio, nonostante la notorietà dei fatti, sono specchio le stesse ricostruzioni e conclusioni di coloro che hanno affrontato l’argomento del processo e della soppressione dell’Ordine, e persino le pagine di coloro che hanno riassunto la vicenda nelle enciclopedie, come opportunamente ricorda l’autrice di questo volume. Le diversità e contrapposizioni emergono semmai nel giudizio sulle parti da attribuire al re e al pontefice nell’affaire, e a questo dilemma mi pare non si sottragga neppure Sara Portolan, che pur non ponendosi l’impossibile compito di pronunciare una convincente parola definitiva sul processo, propende, con prudenza e misura, a riconoscere a Clemente V un sincero turbamento in quel difficile frangente che metteva il pontefice di fronte all’arduo compito di raggiungere la verità, ed eventualmente di colpire degli innocenti per non dispiacere al sovrano. Il pregio maggiore di questo volume è costituito da una disamina dettagliata dei documenti papali relativi alla questione dei Templari. Per questa via ed evitando posizioni troppo rigide l’autrice offre al lettore la possibilità di farsi un’idea sua sulla questione. Che non pare, in questo caso specifico, la posizione meno ragionevole.
(prof. Giovanni Cherubini) |