L’opera di Isidoro Bianchi, abate dell’Ordine Camaldolese, fu pubblicata a Ravenna “Presso Pietro Mart. Neri” nel 1786, “con licenza de’ Superiori”. Il dotto Abate promuove una difesa appassionata della Libera Muratoria, come veniva comunemente designata nel Settecento la Massoneria, al fine di informare correttamente il pubblico su questa istituzione. Nella Prefazione, infatti, l’autore afferma che:
Tutti coloro, che parlano dei Liberi Muratori, e del loro instituto si possono distinguere in tre classi. Alcuni avendo lo stolto coraggio di parlare de’ medesimi senza averne alcuna idea, giungono persino a persuadersi, che essi non esistono, e che non abbiano avuto mai esistenza alcuna. Altri, destinati ad essere vittime infelici della ignoranza e della calunnia, ne parlano solo con quei sentimenti, che questi mostri possono loro inspirare; ed altri in fine, superiori a tutte le volgari stravaganze degli uomini, o rimangono in un pacifico e filosofico silenzio, o costretti a dirne il loro parere si esprimono su di ciò con tanta moderazione, decenza e riserbo, che difficilmente vengono intesi dal volgo profano, e creduti dai Dotti pregiudicati. I primi, camminando a tentone nelle più folte tenebre della incertezza e dell’errore, non è maraviglia che cadino nelle più ignobili contradizioni, e persino nel più ridicolo pironismo. I secondi, prevenuti dai fatali clamori della maldicenza e della superstizione, che ascoltano sempre senza esame e senza calcolo, arrivano ancora a ricolmare i Franchi Muratori di vizj, che oltraggiano ugualmente i buoni costumi, e l’umanità. Gli ultimi finalmente, che sono e saranno sempre nel più piccol numero, guidati dalla scintillante luce del vero, che spesso abbaglia le deboli pupille, o non si curano di illuminare coloro, che vogliono ed amano di essere ciechi, o non possono che dir qualche cosa alle Persone dabbene e rischiarate, a quelle poche persone cioè che per loro buona sorte il giusto Giove ha voluto distinguere coll’amor suo. |