L’interesse di Julius Evola per le dottrine orientali risale agli inizi della sua vita culturale. La conoscenza che egli ebbe delle filosofie e spiritualità giapponesi, cinesi, indiane non fu di certo superficiale e dilettantesca, ma approfondita grazie ad una intuitio intellectualis che gli consentiva di andare al fondo degli argomenti. La capacità che Julius Evola aveva di sintetizzare e comparare gli aspetti delle varie tradizioni occidentali ed orientali gli permetteva di individuare aspetti comuni e differenze esistenti fra loro, e spiegare agli uomini dei nostri giorni quanto ci fosse da apprendere da esse, senza considerarle una delle tante «mode» che imperversarono nei vari decenni del Novecento. Sicché fra il 1950 e il 1960 la sua competenza e originalità interpretativa venne consacrata con la collaborazione a East and West, l’organo dell’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente (ISMEO), fondato dall’orientalista e viaggiatore Giuseppe Tucci – che Evola conosceva sin dagli Anni Venti – e di cui era redattore capo Massimo Scaligero. Presigiosa e autorevole rivista internazionale di studi orientalistici, sulle sue pagine in quello stesso periodo scrissero Franz Altheim, Mircea Eliade, Alessandro Bausani, Lionello Lanciotti, Francesco Gabrieli, Pio Filippani-Ronconi. Nell’arco di un decennio Evola pubblicò quindici saggi e tre recensioni di libri, che in questo volume sono stati riuniti, oltre ad un altro contributo apparso negli Anni Quaranta quando la rivista si chiamava Asiatica. Con la sua scrittura profonda ma chiara, che spaziava oltre i limiti di una eccessiva specializzazione, Evola in quasi tutti i suoi inteventi effettuò una stringente comparazione sul modo in cui una indentica dottrina, o filosofia, o metodologia veniva interpretata in Occidente rispetto all’Oriente: il tantrismo, lo zen, il buddhismo, lo yoga, il Vedânta, le dottrine dello Svâdharma e dello Hara, e poi i rapporti fra l’Oriente le filosofie e i filosofi occidentali come Guénon, Eckhart, Shelling, l’esistenzialismo, e così via. |