II sufi Abu Bakr Muhammad ibn al-'Arabì nacque nell'anno 560 dell'egira (1165 d.C.) a Murcia in Andalusia e morì nel 638/1240 a Damasco. Negli ambienti esoterici dell'Isiam è soprannominato muhyi-d-dm, « il vivificatore della religione », e ash-sheikh al-akbar, « il sommo maestro ». La sua opera dottrinale s'affermò sia per la profondità e per la sintesi, sia per la forza incisiva di alcune formulazioni che si riferiscono agli aspetti più elevati del Sufismo. I libri e i trattati del maestro furono numerosissimi; ma la maggior parte di essi sembra definitivamente perduta; tra quelli pervenutici, Fucùc al-Hikam (« La Sapienza dei Profeti ») è considerata il testamento spirituale del maestro, che la redasse nell'anno 627/1229 a Damasco. Il titolo « La Sapienza dei Profeti » è soltanto una parafrasi, ormai consacrata dall'uso, del titolo arabo Fucùg al-Hikam, che significa alla lettera « i castoni delle sapienze ». Questa espressione riassume più simbolicamente il contenuto del libro di quanto non lo definisca, e non può essere compresa senza una conoscenza preliminare del suo simbolismo: al-facc — singolare di fucùc — è il castone che racchiude la pietra o il sigillo (al-khatam) di un anello; con « le sapienze » (al-hikam] bisogna intendere invece gii aspetti della sapienza (al-hikmah]) divina. I « castoni » che contengono le pietre preziose della sapienza (al-hikmah] eterna sono le « forme » spirituali dei differenti profeti, !e loro rispettive nature, insieme umane e spirituali, che incanalano l'uno o l'altro aspetto della conoscenza divina. Il carattere incorruttibile della pietra preziosa corrisponde alla natura immutabile della sapienza. |