Un breve scritto del 1915 in cui il padre della psicanalisi riflette sul perché della guerra che fa riaffiorare “gli impulsi primitivi, selvaggi e malvagi”, ai quali l’uomo ha rinunciato per entrare nel mondo civile. Di fronte agli orrori della guerra non dobbiamo sentirci delusi nei confronti del genere umano che è caduto così in basso perché, in realtà, sempre sotto scacco delle sue pulsioni egoistiche, non è mai salito così in alto come pensiamo. Similmente l’inconscio, al cospetto della morte, è scisso tra il rifiuto di rappresentarsi la propria fine – e il conseguente senso di piacere quando muore l’estraneo-nemico – e il dolore per la morte di una persona amata. L'accettazione di queste inquietanti verità, questa è la raccomandazione di Freud, potrà probabilmente aiutarci a sopportare meglio l'esistenza.
Parafrasando l'antica massima: Si vis pacem, parabellum, Freud infatti così conclude: Si vis vitam, para mortem.Se vuoi sopportare la vita, disponiti ad accettare la morte. |