Antoine Fabre d'Olivet è a tutt'oggi conosciuto solo dai cultori di teosofia, esoterismo, massoneria. Le ragioni di ciò si trovano, in parte, nel complesso percorso della sua vita, da rivoluzionario a teosofo. Nato a Ganges (Linguadoca) nel 1767 - figlio di un ricco commerciante - divenne giacobino, scrisse opere rivoluzionarie e, sembra, ebbe contatti anche con anarchici. Convertitosi alla teosofia di antica tradizione in seguito ad un incontro "miracoloso" con una donna (che egli chiama Egeria Teofania), fondò un nuovo culto, la teodossia universale. Morì per un colpo apoplettico, nel 1825. La Lingua ebraica restituita, pubblicata, in Francia nel 1815-16, è composta dalla grammatica, dal vocabolario dei radicali, dalla traduzíone dei primi dieci capitoli del Sepher di Mosè (Genesi) e da copiose note storico-critiche. In essa l'autore riprende e dà corpo alle «fantasticherie" di studiosi precedenti: dal Kircher, al Leclerc, al Fréret, al Court de Gébelin. La Lingua ebraica restituita è un capolavoro di archeologia linguistica che pone domande su tutto il nostro patrimonio culturale e, per quello che implicava, fu subito messa all'indice dalla Chiesa, che ne impedì in tal modo la diffusione. L'opera offre infatti una rivisitazione a più livelli, tutti del massimo interesse,. dalla filologia e dalla linguistica alla teosofia, tanto più che lo stesso Fabre d'Olivet, proprio a partire da questo lavoro di archeologia linguistica pervenne alla sua teodossia universale. |