Giornalista e scrittrice, con al suo attivo una Palma d’Argento al Salone dell’Umorismo di Bordighera (nell’anno in cui l’oro venne assegnato a Giovannino Guareschi), Franca Feslikenian non è nuova a narrare della “sua Milano”. “Sua” nonostante l’origine armena, per via dei nonni materni che, essendo “magut”, costruirono il Duomo e altre piacevolezze in Europa. Questi racconti spaziano dal 1800 agli anni ’80, e ci narrano di una Milano che a buona ragione può entrare nelle storie e nella Storia. A volte nostalgici, a volte frutto di quella cronaca nera in cui l’autrice mosse i primi sette anni da giornalista, a volte scatenati e pieni di humour. Un libro che si legge in un fiato, che si rilegge e poi si ricompera, per regalarlo agli amici milanesi e non. A proposito del “non”: vi sono i racconti “d’Altrove”. Varese, San Fermo, Camogli, luoghi in cui l’autrice ha vissuto e vive ancora oggi. Varese e San Fermo, “d’antan”. Camogli anche di oggi, luogo amatissimo di cui Franca Feslikenian si sente concittadina, anche per via dell’amore per il mare, amore legato ai ricordi paterni del Bosforo, e per via di un luogo dove comunque amerebbe “posà i ossi”. |